Quando si parla di   tra le tecniche più utilizzate troviamo quelle Flair e Mixology, termini spesso utilizzati come sinonimi ma che non definiscono la stessa cosa. Oggi ci soffermiamo su entrambe, analizzando le similitudini e le differenze.

Flair bartending: di cosa parliamo

Con la parola Flair si fa riferimento alle tecniche acrobatiche di uso comune per la preparazione dei drink. Si tratta, quindi, di una vera e propria metodologia per quanto riguarda la preparazione dei cocktail, all’insegna della velocità, della creatività e della fantasia.

Tra le soluzioni tipiche messe in campo troviamo quelle che vedono versaggi contemporanei e la realizzazione simultanea di più preparazioni per altrettante consumazioni, sempre a fronte di un livello assoluto.

L’obiettivo è quello di stupire il cliente, sorprendendolo non solo al palato ma già nella preparazione dei drink, con l’adozione di virtuosismi eseguiti a tempo di musica. Le tecniche Flair sono state introdotte prevalentemente a partire dagli anni Ottanta, in seguito al successo del film Cocktail, con protagonista il divo del momento: Tom Cruise

Le origini di questo bartending così acrobatico sono, tuttavia, decisamente molto più lontane e vanno ricercate nell’Ottocento, nella figura di Jerry Thomas: il primo bartender a dare un impulso creativo alla professione, un vero e proprio giocoliere. È stato lui a cambiare la professione per sempre.

Lo stile Mixology

Lo stile Mixology è di più recente introduzione, soprattutto all’interno del pubblico italiano. Rispetto al Flair presenta un appeal decisamente più serioso ed elegante, proponendo un vero e proprio ritorno alle origini, complice il recupero di metodi di versaggio dalla storia meno recente ma non per questo poco affascinante, anzi.

Le tecniche Mixology, sostanzialmente, comprendono quelle classiche del bere miscelato e si sa: l’uomo è abituato a mescolare e a sperimentare fin dalla notte dei tempi, utilizzando quello che ha a disposizione in quel preciso momento. I metodi che stanno alla base di questo stile sono stati portati avanti all’interno del mondo arabo, per poi essere perfezionati durante l’epoca del Rinascimento e riattualizzati durante la Rivoluzione Industriale. 

Oggi il Mixology è diffuso in tutto il mondo, portando un fattore tipico dal punto di vista storico della globalizzazione, per drink realizzati su scala planetaria ma declinati ogni volta con un mood locale differente.

bartending

Similitudini e differenze

Flair e Mixology hanno in comune il fatto d’essere tecniche di bartending, ma come si può vedere partono da storie e presupposti piuttosto differenti. Rappresentano, potremmo dire, due scuole di pensiero e persino di vita con una vision a sé. 

Detto ciò, per il barman che le utilizza sono una fonte di stimolo e aggiornamento costante, a fronte di un rapporto con il cliente che vuole essere, in entrambi i casi, coinvolgente e in grado di dare ulteriore prestigio al locale.

Che preferisca un metodo Flair o Mixology, il bartender è sempre e prima di tutto un artista. Come usa gli attrezzi del mestiere è frutto della sua storia, di una preparazione fisica, mentale ed emotiva uniche. I cocktail sono il risultato di tutto questo e rappresentano la condivisione di un vissuto. Sono molto più di semplici ingredienti mescolati in forma liquida.

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